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Etica del lavoro e IA: la risposta della dottrina sociale



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L’intelligenza artificiale ridefinisce il lavoro umano. La dottrina sociale della Chiesa propone criteri etici per preservare dignità, responsabilità e giustizia nella nuova era digitale, interrogandosi sulle implicazioni antropologiche e sociali delle tecnologie emergenti

Pubblicato il 25 giu 2025

Antongiulio Lombardi

Esperto di diritto e tecnologia



Intelligenza Artificiale papa leone XIV

L’etica del lavoro e l’intelligenza artificiale sono oggi al centro della riflessione della Chiesa cattolica. La dottrina sociale, a partire dalla Rerum Novarum, affronta le trasformazioni industriali per tutelare la dignità del lavoratore e promuovere giustizia sociale.

L’enciclica Rerum Novarum e la posizione della Chiesa cattolica sull’etica del lavoro nel XIX secolo

L’enciclica Rerum Novarum, promulgata da Papa Leone XIII il 15 maggio 1891, rappresenta uno dei documenti fondanti della Dottrina Sociale della Chiesa. In un contesto storico segnato dagli effetti della prima rivoluzione industriale e dal sorgere della questione operaia, la Chiesa sentì l’urgenza di pronunciarsi sulla condizione dei lavoratori e sui principi che devono guidare l’etica del lavoro.

Il documento condanna le ingiustizie del capitalismo selvaggio e, allo stesso tempo, rigetta le soluzioni rivoluzionarie del socialismo. Al § 19, Leone XIII afferma: «E’ un errore […] credere che la società civile possa fare a meno delle classi, e che si debba imporre l’uguaglianza assoluta tra gli uomini»[1]. Tuttavia, la Chiesa difende fermamente la giustizia sociale, il diritto alla proprietà privata (§ 6-15), la dignità del lavoro e il diritto dei lavoratori ad associarsi in corporazioni o sindacati (§ 49-51).

La Rerum Novarum introduce il principio della “giusta mercede” (§ 34), sottolineando che il lavoro non è una merce, ma una manifestazione della persona umana. La centralità dell’uomo nel processo produttivo e la necessità di uno Stato che promuova il bene comune sono temi che restano attuali, anche in relazione alle sfide dell’intelligenza artificiale.

Con la Rerum Novarum si avvia nel mondo moderno un percorso costante nel tempo di elaborazione da parte della Chiesa cattolica delle esigenze sociali connesse con l’evoluzione dei mezzi di produzione e della tecnologia in genere e risulta evidentemente in grado di rispondere a molte istanza attuali.

Antiqua et Nova opuscolo di Don Bosco

L’opuscolo Antiqua et Nova, pubblicato nel 1883 da don Bosco, rappresenta un documento fondamentale riguardo alla questione del lavoro, alla giustizia sociale e alla dignità della persona umana che cerca di fornire risposte concrete alle tensioni sociali ed economiche del tempo, anticipando in parte i contenuti della Rerum Novarum di Leone XIII.

Nel testo, don Bosco propone una visione cristiana del lavoro che va oltre la mera attività economica o produttiva. Il lavoro è inteso come parte integrante della vocazione dell’uomo, uno strumento di dignificazione personale e un mezzo per collaborare al progetto di Dio sulla creazione. Secondo don Bosco, ogni individuo ha il diritto e il dovere di lavorare, non solo per sostenersi, ma per contribuire al bene comune. In Antiqua et Nova, il lavoro è anche il fulcro attorno a cui ruota l’educazione dei giovani con l’obiettivo di formare il giovane “buon cristiano e onesto cittadino” attraverso l’apprendimento e la disciplina del lavoro. Tra i temi affrontati nel libretto emerge anche il concetto di giusto salario, un diritto fondamentale che spetta a ogni lavoratore. Don Bosco si fa invece promotore di un’etica della responsabilità, in cui il datore di lavoro ha il compito di considerare il bene integrale dei suoi dipendenti, e non solo il profitto.

Antiqua et Nova ci insegna che solo unendo “le cose antiche”, cioè i principi eterni della dottrina cristiana, con “le cose nuove”, cioè le sfide e i cambiamenti della storia, è possibile costruire una società giusta, solidale e veramente umana. Tale insegnamento appare, come vedremo, di estrema attualità infatti anche questo documento contiene principi che sono oggi applicabili alla relazione tra essere umano e sistemi di IA.

La posizione della Chiesa cattolica sull’intelligenza artificiale e le sue implicazioni sui diritti dei lavoratori

La riflessione della Chiesa è proseguita con la seconda rivoluzione industriale con la quale sono stati introdotti nuovi processi di produzione e poi con la terza con la digitalizzazione e, infine, nei nostri giorni con la quarta rivoluzione industriale che ha comportato, tra l’altro, la diffusione dei sistemi di Intelligenza Artificiale.

Con l’avvento dell’intelligenza artificiale (IA), la Chiesa cattolica ha cominciato quindi a riflettere sulle implicazioni etiche e sociali della nuova rivoluzione tecnologica. Papa Francesco, in diverse occasioni, aveva sollevato preoccupazioni riguardo all’impatto dell’automazione e dell’IA sul lavoro umano e sull’equilibrio sociale.

Nel documento Rome Call for AI Ethics (2020)[2], sottoscritto dalla Pontificia Accademia per la Vita, vengono enunciati sei principi fondamentali: trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità e sicurezza. Questi valori riflettono una visione antropocentrica della tecnologia, secondo cui l’IA deve essere al servizio dell’uomo e non viceversa.

Inoltre, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2024, Francesco aveva sottolineato che «Le macchine non possono decidere il destino dell’umanità. La tecnologia sia un supporto, non una sostituzione, del lavoro umano»[3] [4].

Antiqua et Nova testo del 2025: l’intelligenza artificiale tra creatività umana, responsabilità e bene comune

Nel documento Antiqua et Nova, pubblicato dal Dicastero per la Dottrina della Fede il 14 gennaio 2025, la Chiesa cattolica offre una riflessione sistematica e aggiornata sulle sfide e opportunità etiche legate allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Il titolo del documento richiama il Vangelo di Matteo (13,52) in cui si esorta a trarre dal tesoro della sapienza «cose antiche e cose nuove», e riprende quello dell’opuscolo di Don Bosco. Proprio in questa prospettiva esso si propone di affrontare le implicazioni antropologiche, sociali ed etiche dell’IA, tenendo insieme la tradizione cristiana e l’urgenza del presente.

Il documento parte da un’affermazione fondativa: l’intelligenza è parte integrante della persona umana, creata a immagine di Dio (Gen 1,27), e il suo sviluppo, anche attraverso le tecnologie, deve essere orientato alla custodia del creato (Gen 2,15) e al bene comune. La capacità di progettare sistemi intelligenti capaci di apprendere, decidere e interagire in modo autonomo tocca direttamente la concezione cristiana dell’uomo, ponendo interrogativi fondamentali sulla libertà, la responsabilità, la relazione e il senso del progresso. Per questo, ogni innovazione tecnologica richiede una vigilanza etica proporzionata alla sua potenza.

L’intelligenza artificiale è riconosciuta come una “svolta epocale”, con conseguenze pervasive in ambiti cruciali come educazione, sanità, diritto, difesa, relazioni internazionali e, in modo speciale, nel mondo del lavoro. La sua ambivalenza è evidente: da un lato, essa può facilitare lo sviluppo umano integrale, riducendo discriminazioni, migliorando servizi e promuovendo nuove opportunità; dall’altro, rischia di alimentare forme sottili di esclusione, disuguaglianza e alienazione, come ha più volte evidenziato Papa Francesco. In particolare, il documento avverte sul pericolo che, nei processi decisionali automatizzati, venga meno la chiara attribuzione di responsabilità: è fondamentale che ogni scelta sia tracciabile e imputabile a soggetti umani coscienti, capaci di rispondere del bene o del male prodotto da tali sistemi.

Una delle preoccupazioni più rilevanti espresse in Antiqua e Nova riguarda la concentrazione del potere tecnologico nelle mani di pochi attori globali, capaci di influenzare opinioni pubbliche e processi democratici a fini egoistici. La tecnologia, infatti, è solo in apparenza neutrale ma in realtà riflette una visione dell’uomo e del mondo, e può essere usata per manipolare le coscienze, rafforzare diseguaglianze o favorire sistemi totalitari mascherati da efficienza. Da qui l’appello a una governance globale dell’IA, fondata su trasparenza, equità e partecipazione, che protegga la dignità umana e promuova la libertà di coscienza.

L’ambito economico e lavorativo è quello dove le tensioni e le contraddizioni si fanno più visibili. L’IA promette maggiore produttività, efficienza e creatività, ma allo stesso tempo sta generando effetti di dequalificazione professionale, sorveglianza invasiva e smarrimento del significato del lavoro. Quando il lavoratore è ridotto a esecutore di processi dominati dalla logica della macchina, si mina alle fondamenta la giustizia sociale e si corre il rischio di rendere il lavoro umano accessorio o superfluo. Papa Francesco, nel testo citato più volte, ha messo in guardia contro il “paradigma tecnocratico” che tende a sottomettere l’uomo alla logica dell’efficienza, negando ogni valore che non sia immediatamente misurabile in termini di produttività. Invece, ricorda il Pontefice, il lavoro resta una dimensione essenziale della vocazione umana, un luogo in cui la persona partecipa alla creazione, si realizza, instaura relazioni e contribuisce al bene della società.

In questo contesto, Antiqua e Nova denuncia il rischio che l’IA, invece di sostenere l’attività umana, venga usata per rimpiazzare il lavoratore, generando vantaggi concentrati in poche mani e impoverendo la maggioranza. Il lavoro non deve essere interpretato come mero costo da contenere, ma come valore da promuovere. Infatti, anche in ambito economico-finanziario, il documento richiama l’importanza di mantenere un’economia con volti, storie, relazioni concrete: l’omologazione portata dalla digitalizzazione non può sostituire la ricchezza di una comunità incarnata, capace di esprimere speranze, conflitti, memoria e solidarietà. La varietà delle forme economiche e dei modelli finanziari, radicati nei contesti locali, è un bene da preservare e non un ostacolo da superare.

Nel campo della finanza, l’IA sta trovando applicazioni crescenti in settori come marketing, logistica, compliance, gestione dei rischi e innovazione. Ma qui emerge una criticità strutturale: chi trae realmente beneficio dal valore creato dall’intelligenza artificiale? Spesso non sono le imprese che la utilizzano, ma le grandi piattaforme che la forniscono, aggravando squilibri già esistenti. Inoltre, l’automazione può appiattire le relazioni economiche, rendendole impersonali e indebolendo la fiducia reciproca, indispensabile per il buon funzionamento del mercato. Una finanza “sradicata” dai contesti umani rischia di diventare cieca al bene delle comunità e sorda alle esigenze del territorio.

Nel mondo del lavoro, l’impatto dell’IA è già tangibile: essa sta trasformando interi settori, modificando ruoli, competenze e rapporti. Se da una parte può liberare energie creative, valorizzare competenze avanzate e ridurre la fatica umana, dall’altra espone i lavoratori a ritmi dettati dalle macchine, li sottopone a controlli automatici e li incastra in mansioni ripetitive e svuotate di significato. Invece di progettare tecnologie che servano il lavoro umano, si sta spesso procedendo in senso inverso: è il lavoratore che deve adattarsi alla macchina, perdendo autonomia, capacità innovativa e senso del proprio operato.

Il rischio che il lavoro perda valore agli occhi della società è reale, specie quando l’efficienza tecnica viene assolutizzata. La logica che sacrifica l’umano all’utile produce un sistema in cui le persone meno produttive, i fragili e gli ultimi vengono scartati. Ma per la Chiesa ogni vita ha un valore intrinseco, che non dipende dal rendimento. È quindi inaccettabile che le scelte economiche e tecnologiche rafforzino un paradigma disumanizzante. Antiqua e Nova richiama con forza la necessità di rimettere la persona al centro, ricordando che l’ordine delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone, e non viceversa.

Il lavoro non è solo un mezzo di sussistenza, ma un ambito essenziale per l’espressione di sé, per la costruzione di relazioni, per la partecipazione attiva alla società. Esso è parte del senso della vita e via di sviluppo umano integrale. Per questo, la sostituzione indiscriminata del lavoro umano con sistemi automatizzati non è progresso, ma impoverimento. L’intelligenza artificiale deve sostenere il giudizio umano, non sostituirlo; deve amplificare la creatività, non soffocarla; deve servire l’uomo, non dominarlo.

Alla luce di tutto questo, il documento si chiude con un appello alla responsabilità condivisa. Governi, aziende, comunità religiose, educatori, lavoratori e ricercatori sono chiamati a un’alleanza etica per costruire un futuro digitale giusto e umano. Solo un’intelligenza artificiale progettata e gestita con spirito di servizio, rispetto per la persona e attenzione al bene comune potrà davvero essere una risorsa e non una minaccia. Antiqua e Nova ci invita dunque a uno sguardo vigile e creativo, che sappia unire le “cose antiche” della sapienza cristiana con le “cose nuove” delle sfide tecnologiche, per generare un futuro in cui l’uomo resti protagonista e non vittima del proprio ingegno.

Le posizioni di Papa Leone XIV sull’intelligenza artificiale: possibilità, rischi e discernimento etico

Nel suo discorso di insediamento, Papa Leone XIV ha posto l’accento sull’urgenza di affrontare con chiarezza e discernimento le sfide poste dall’intelligenza artificiale. Ha parlato dell’IA come di una delle più grandi trasformazioni della contemporaneità, sottolineando che «non ogni progresso è automaticamente umano»[5].

Leone XIV ha espresso preoccupazione per l’eventuale disumanizzazione dei processi decisionali, soprattutto nei settori cruciali come il lavoro, la salute, la sicurezza e l’educazione. Ha affermato che la tecnologia deve essere valutata non solo in base alla sua efficienza, ma in base alla sua capacità di rispettare e promuovere la dignità della persona. Ha anche ribadito l’importanza di un discernimento etico collettivo che coinvolga tutte le parti sociali, dalle istituzioni religiose a quelle politiche, accademiche ed economiche.

In varie omelie e discorsi successivi, il Papa ha invitato a una «conversione digitale» della società, chiedendo che l’innovazione sia accompagnata da una riflessione spirituale e morale. Ha lodato le iniziative di regolazione responsabile e sviluppo umano integrale dell’IA, sostenendo che «l’uomo deve restare il fine e non il mezzo della tecnica».

La Chiesa e le rivoluzioni industriali: continuità di impegno per la giustizia sociale

Sin dalla prima rivoluzione industriale alla fine del XVIII secolo, la Chiesa cattolica ha cercato di offrire un orientamento etico volto a difendere la dignità della persona umana. Dalla Rerum Novarum (1891), alla Quadragesimo Anno (1931)[6], fino alla Caritas in Veritate (2009)[7], il Magistero ha accompagnato le trasformazioni produttive con una costante attenzione alla giustizia sociale.

La presenza della Chiesa non è mai stata quella di una forza reazionaria o di semplice resistenza, ma di mediazione tra progresso tecnico ed equità. Oggi, nella “quarta rivoluzione industriale” segnata dall’IA, la Chiesa ribadisce l’urgenza di non aumentare, ma ridurre, le disuguaglianze sociali così come ha sempre fatto dalla prima rivoluzione industriale.

L’attuale fase storica pone una sfida inedita: per la prima volta in oltre tre secoli, l’innovazione tecnologica rischia di sostituire radicalmente il lavoro umano, con il pericolo di creare nuove forme di esclusione e povertà. La dottrina sociale della Chiesa richiama tutti i soggetti (Stati, imprese, lavoratori, istituzioni educative) alla responsabilità di orientare l’innovazione in senso umano, solidale, inclusivo.

Come affermava Papa Francesco: «Non si tratta di fermare il progresso, ma di governarlo con saggezza e giustizia, perché nessuno sia lasciato indietro»[8].

Quindi centrale nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale è e sarà il suo governo, le regole che ne disciplinano l’utilizzo ed i limiti.

Conclusioni

L’etica del lavoro e l’impegno per la giustizia sociale rappresentano una costante della presenza della Chiesa nella storia moderna. Di fronte all’intelligenza artificiale, si tratta oggi di rinnovare quell’impegno affinché la nuova rivoluzione industriale non sia la prima, dopo tre secoli, ad approfondire anziché ridurre le disuguaglianze tra gli uomini. Il mondo odierno è profondamente diverso da quello della prima rivoluzione industriale e l’intelligenza artificiale potrà essere uno strumento di ulteriore livellamento ed uguaglianza o, al contrario, la causa di una profonda disuguaglianza. La sfida è aperta, e la tradizione sociale cristiana offre strumenti preziosi per affrontarla con responsabilità e speranza. Il nome scelto da Papa Leone XIV che ci riporta a Leone XIII ed alla Rerum Novarum, il nome del citato documento sull’IA Nova et Antiqua sono chiari segnali del momento di passaggio che porterà ad una nuova società che sarà ben più diversa dall’attuale di quanto non lo sia stata la società della prima rivoluzione industriale rispetto alla società agricola precedente.

Note


[1] Leone XIII, Rerum Novarum, 1891.

[2] rc_pont-acd_life_doc_20202228_rome-call-for-ai-ethics_en.pdf Pontificia Accademia per la Vita, Rome Call for AI Ethics, 2020

[3] Francesco, Messaggio per la LVII Giornata Mondiale della Pace, 2024.

[4] Paolo Benanti, Homo Faber: Il lavoro tra uomo, macchine e intelligenza artificiale, Marietti 1820, 2023.

[5] Papa Leone XIV, Discorso di insediamento, 2023.

[6] Quadragesimo Anno (15 maggio 1931) | PIO XI

[7] Caritas in veritate (29 giugno 2009) | Benedetto XVI

[8] Francesco, Fratelli Tutti, § 110.

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