Lo Stato islamico è tornato? Una domanda ingenua, sorta all’indomani dell’avvio del conflitto in Palestina a fine 2023, quando i media internazionali hanno ricominciato a parlare di Is. Un fantasma, per molti, che rievocava le stragi parigine e non solo di quindici anni fa, le bandiere nere issate sui pickup, i lupi solitari che dalle loro camerette in una periferia europea creavano bombe coi detersivi. Ma per chi monitora il web, nessuna sorpresa. L’Isis è sempre stato attivo online, per chi sapeva cercare: nei gruppi privati, sui profili pubblici sui social network, nelle chat e nelle pieghe più nascoste di internet, dove sono proseguite anche le pubblicazioni di magazine come Rumiyah e Al-Naba, prolifiche e per alcune testate ancora in corso.
E così non stupisce la svolta digitale di Al-Qaida, che rievoca tragedie ancora più antiche e versamenti di sangue in deserti più distanti. Il jihadismo online per anni ha innaffiato un giardino di nuove generazioni di mujahiddin, portando oggi a un incremento. Lo dicono i dati di Europol, contenuti nel report Te-Sat 2025 che fotografa la mappa del terrorismo, jihadista e non solo, nel corso del 2024. E la situazione non è tranquilla.
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Jihadismo online e geopolitica, lo scenario europeo
La situazione geopolitica critica, i fronti di guerra, le tensioni, alimentano le attività di terrorismo online, che nel caso del jihadismo si manifesta in un’attività di propaganda senza sosta, sia volta alla giustificazione ideologica di azioni criminali, sia alla radicalizzazione e reclutamento di risorse, sia alla diffusione di istruzioni e indicazioni su come pianificare attacchi. In particolare, dalla fine del 2023 la guerra a Gaza ha avuto un impatto, secondo il report di Europol, sulla sicurezza interna dell’Ue: “Attraverso l’intero spettro ideologico, gli attacchi, gli appelli alla violenza e la propaganda terroristica online hanno strumentalizzato il conflitto e acceso l’odio”, si legge nel documento.
Oltre a Gaza, lo sguardo si volge a Levante. In Siria, la caduta del regime di Bashar al-Assad a dicembre 2024 e la nascita del governo con a capo Hay’at Tahrir al-Sham è stato un cambiamento rivoluzionario “con potenziali maggiori implicazioni geopolitiche regionali nel medio e lungo termine”, si legge nel report. Il leader si è impegnato in pubblico per garantire una situazione pacifica, ma il report evidenzia le preoccupazioni “sul potenziale della situazione di riaccendere la mobilitazione estremista e terroristica violenta e sulla capacità della nuova leadership di combattere il terrorismo”, così come è stato notato il supporto da parte di estremisti al nuovo governo “e alcuni potrebbero trovare motivazioni per viaggiare verso la regione e unirsi a gruppi terroristici”.
Non solo: “I cittadini dell’Ue che si trovano attualmente nei campi di sfollamento potrebbero cercare di rientrare nell’Ue. La situazione politica in Siria potrebbe infatti offrire all’Is l’opportunità di liberare i suoi militanti prigionieri e le loro famiglie“, compresi soggetti che costituiscono una potenziale minaccia all’Ue. L’Is attualmente è arroccato nel deserto siriano, al centro del Paese, e considera il nuovo leader “un apostata e un obiettivo legittimo”, per cui non è escluso che nell’instabilità il gruppo potrebbe espandere “la propria influenza”. Preoccupazioni sorgono anche per possibili ripercussioni nella diaspora siriana, oltre che tra i sostenitori di Assad e del nuovo leader.
E poi, c’è la questione africana. Nel continente, lo Stato islamico e Al-Qaida controllano parti del Sahel, del Mozambico e della Somalia, così come in Yemen è attivo Ansar Allah che continua a perpetuare attacchi contro l’Occidente. E c’è il nodo dei foreign fighters, che potrebbero essere attratti da queste nuove destinazioni caratterizzate da instabilità, “aprendo la strada a nuove operazioni esterne contro l’Ue”.
Terrorismo online (e non): i dati
Una situazione ben rappresentata dai numeri. Nel 2024 sono state arrestate in tutto, per reati legati al terrorismo, 449 soggetti in venti Paesi dell’Ue. Un dato che rappresenta un incremento rispetto ai 426 arresti del 2023 e i 380 arresti del 2022. La maggior parte si è verificata:
- in Spagna, dove son stati fatti 90 arresti,
- in Francia, con 69 arresti
- in Italia sono stati fatti 62 arresti nel 2024 per reati legati al terrorismo.
Considerando lo spettro ideologico, 289 arresti sono riconducibili al terrorismo jihadista, numero in calo se si pensa ai 334 arresti del 2023. Sono aumentati invece gli arresti per terrorismo di estrema destra, con 47 episodi rispetto ai 26 dell’anno precedenti, così come aumentati a 28 gli arresti per terrorismo anarchico e di estrema sinistra rispetto ai 14 del 2023. Seguono poi arresti per terrorismo etno-nazionalista (27 rispetto ai 25 del 2023) così come è raddoppiato il numero di arresti per altre varie forme di terrorismo, passati da 58 rispetto ai 27 del 2023.
I reati più ricorrenti legati agli arresti sono stati:
- l’appartenenza a un’organizzazione, per 110 arresti
- la preparazione di un attacco terroristico, con 107 arresti
- creazione o diffusione di contenuti di propaganda terroristica, con 90 arresti
E proprio quest’ultimo punto ci porta a riflettere sulla propaganda online.
Come avviene la propaganda del terrorismo online
Come scrive l’executive director di Europol, Catherine de Bolle, nella prefazione del report, ai rischi connessi, nella realtà fisica, al quadro geopolitico critico, si aggiunge “il crescente intreccio tra la vita digitale e quella fisica degli individui – la realtà on-life – dove la radicalizzazione online si traduce senza soluzione di continuità in violenza nel mondo reale. Esiste una molteplicità di comunità online in cui gli individui radicalizzati, desensibilizzati al danno e alla sofferenza, sono attratti dalla visualizzazione, dallo scambio e dalla perpetrazione di atti violenti”. Un fenomeno, quello del processo di radicalizzazione, che online non riguarda solo il terrorismo, ma anche altre realtà: gli Incel cioè i celibi involontari sono uomini misogini che riunendosi in comunità virtuali portano avanti una narrazione negativa del femminile, puntando tutto sulla predestinazione al rifiuto a priori, fino ad arrivare alla depersonalizzazione delle donne e alla violenza, verbale online o fisica nel mondo reale. E spesso questi soggetti entrano in contatto con questo mondo attraverso altri punti di contatto, come interessi comuni con appartenenti a forum o gruppi o idee politiche.
Overlapping communities e jihadismo online
E infatti, il fenomeno delle overlapping communities ha un impatto importante nel fomentare la violenza online: “Comunità che si sovrappongono ideologicamente, collegando il terrorismo jihadista all’accelerazionismo, producendo un’ibridazione delle ideologie tradizionali – creando così sfide crescenti nella loro identificazione e categorizzazione all’interno dei quadri terroristici contemporanei”, scrive ancora la direttrice nella prefazione.
Come indica il report, infatti, “Gruppi terroristici come Al-Qaida e lo Stato Islamico hanno strumentalizzato il conflitto (a Gaza, ndr) per inasprire le tensioni e invitare alla violenza, soprattutto contro obiettivi israeliani ed ebraici. Le sfere dell’estremismo violento di sinistra e anarchico in tutta l’UE hanno riacceso sentimenti anti-Israele di lunga data, che a volte sono sfociati in narrazioni antisemite, antimilitariste, antimperialiste e anticolonialiste. Una rinascita della propaganda violenta caratterizzata da razzismo, xenofobia, teorie di supremazia bianca e antisemitismo ha anche stimolato la scena della destra violenta, soprattutto online“. Insomma, di tutto di più. I rischi sono legati a situazioni di disagio sociale, psicologico o sociale, di solitudine, di sradicamento e mancata integrazione. I giovani, spiegano i dati, sono tra i più soggetti al processo: il più piccolo arrestato nel 2024 era un dodicenne che pianificava un attacco jihadista.
Intelligenza artificiale e jihadismo online
Marco Santarelli, chairman del Research committee IC2 lab e docente di intelligence e security, spiega che “il reclutamento di risorse terroristiche avviene oggi in due modi differenti: soprattutto in Siria e nella striscia di Gaza, prevalentemente tramite contatti fisici, che comportano una scelta accurata di chi andrà a commettere l’atto terroristico, mentre in Israele, nelle zone limitrofe e di confine della Russia e in parte in Iran, attraverso competenze altissime rispetto alle nuove tecnologie.
Se da un lato esisterà ancora il cosiddetto lupo solitario che, introdotto in tenera età in un Paese, con una rete familiare ben costruita, colpisce, a nome di un pensiero, una religione o un ideale, degli obiettivi sensibili”, dall’altro, come spiega Santarelli, “l’organizzazione capillare, propria delle reti informative personali, si completa con un’attività che molti definiscono di ingegneria sociale, che in questo caso potremmo chiamare terrorismo sociale, secondo cui nuove tecnologie e modelli di intelligenza artificiale vengono messi a disposizione” del network.
Nuove tecnologie e jihadismo online
Dunque Al-Qaida e l’Is stanno dilagando su diversi fronti sia nel mondo fisico che virtuale. Con una mano dall’innovazione. I due gruppi, che sin dagli albori sono sempre stati gruppi molto attenti alla comunicazione esterna e all’uso delle tecnologie (ricordiamo i filmati e le registrazioni di Osama Bin Laden all’indomani dell’attacco alle Torri gemelli), hanno affrontato una vera e propria trasformazione digitale, dove l’uso dell’intelligenza artificiale e altri strumenti innovativi hanno un ruolo fondamentale.
Intelligenza artificiale e attacchi terroristici: i rischi
L’AI ad esempio servirà sempre più anche per le attività terroristiche nel mondo fisico: “I modelli su cui si baseranno sempre più gli attacchi non sono legati ad algoritmi, che rappresentano una sequenza matematica, ma, soprattutto per obiettivi strategici internazionali, americani o vicini a Iran, Iraq e Kuwait, saranno correlati ad un apprendimento automatico, proprio dell’intelligenza artificiale, grazie al quale, attraverso un mix di informazioni e di dati, ricavati da satelliti, droni, telecamere e device di vario genere, tra cui gli smartphone, si controlleranno tali obiettivi e si potrà intervenire cogliendo di sorpresa chi, invece, si sta concentrando sulle nuove tecnologie e sulla sola radicalizzazione”.
Per contrastare, quindi, questo fenomeno, “l’approccio di tendenza e speculare dovrà essere lo studio accurato delle genealogie delle varie famiglie e delle loro intersecazioni con i gruppi armati e i gruppi impegnati nella vendita dei bambini alle famiglie europee, così come anche l’analisi delle tecnologie, che non deve assolutamente tener conto solo delle scoperte contemporanee, ma, come ci insegnano gli attacchi fatti a Hezbollah tramite i cercapersone, anche degli strumenti tradizionali su cui si sono basati molti degli attentati degli anni Settanta e Novanta -aggiunge Santarelli -. Senza dimenticare la conoscenza approfondita, in maniera predittiva, di luoghi e modalità di gestione dei dati e di luoghi e modalità di realizzazione dei microchip che permettono, appunto, la trasmissione di dati. Infine, un’attenzione sempre più elevata merita l’Internet of Things, che permette il controllo da remoto delle infrastrutture critiche e sensibili, i servizi essenziali come l’energia, i trasporti, gli acquedotti, per questo motivo sempre più vulnerabili e attaccabili”, conclude Santarelli.