intelligenza artificiale

L’IA sta disintegrando i nostri equilibri? Ecco i rischi sociali e culturali



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Le connessioni tra la logica del mondo digitale e le criticità dello sviluppo dell’IA rappresentano una rivoluzione epocale. Un’analisi delle implicazioni sociali e individuali, dei nodi teorici del dibattito contemporaneo e la necessità di una riflessione critica per massimizzare le potenzialità e gestire i rischi

Pubblicato il 2 set 2024

Francesca Rizzuto

professoressa associata nel Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo



Strategia italiana per l’intelligenza artificiale 2024-2026

Nell’ecosistema mediale contemporaneo si stia realizzando una vera e propria rivoluzione epocale, paragonabile all’invenzione della scrittura o del libro stampato, in quanto capace di trasformare la realtà sociale e la vita quotidiana dei singoli: è quella dell’intelligenza artificiale.

In questo articolo proponiamo un’ipotesi interpretativa delle connessioni tra la logica del mondo digitale e le criticità imposte dallo sviluppo dell’IA.

Le ricadute individuali e sociali dell’IA

Il salto qualitativo realizzato dall’IA ha indubbiamente enormi ricadute sia a livello individuale che sociale: ancora una volta, come in altri momenti della storia umana, una tecnologia della comunicazione riesce a disintegrare equilibri esistenti, avviando radicali processi di innovazione la cui enorme portata impone una lettura critica degli esiti possibili sia in temini di potenzialità che di eventuali rischi.

Nella platform society (Van Dijck, Poell, de Waal, 2018) in cui viviamo immersi, è plausibile sostenere che l’IA facilita, amplifica, accelera ma, talvolta, esaspera, alcuni processi sociali e culturali, che hanno avuto inizio negli ultimi decenni grazie all’affermazione del digitale: la molteplicità delle dimensioni interessate dai cambiamenti aiuta a spiegare il motivo per cui il tema è al centro di un ampio dibattito culturale, politico e sociologico a livello internazionale, che coinvolge non solo studiosi o professionisti della comunicazione, ma anche numerosi attori istituzionali, chiamati a fronteggiare e regolare sul piano normativo l’impatto che le recenti innovazioni tecnologiche ha, e avrà in misura sempre maggiore, sulla vita dei cittadini e degli stati.

I principali nodi teorici del dibattito sulle conseguenze dell’invasività dell’IA

Il punto di partenza più utile ci sembra l’individuazione dei principali nodi teorici del dibattito sulle conseguenze della presenza invasiva dell’IA nella contemporaneità, senza tralasciare le differenti declinazioni nazionali di molte questioni (come ad esempio le risposte legislative o gli assetti dei mercati), e, al tempo stesso, superando le due principali distorsioni ricorrenti sul significato sociale della presenza della IA nella quotidianità: da un lato, la prospettiva negativa dei tecno-scettici, analisti apocalittici dei fenomeni in corso e, dall’altro, il punto di vista degli osservatori tecno-ottimisti, che considerano positivamente l’affermazione dell’IA.

A dire il vero, non si tratta di una novità per il dibattito scientifico sulle tecnologie comunicative, in quanto la dicotomia tra apocalittici e integrati ha una lunga tradizione nella sociologia dei media (Sorice, 2020); tuttavia, e senza alcun dubbio, la portata degli interrogativi imposti dall’IA ha oggi una significatività inedita: si profilano, infatti, minacce nuove, risvolti dannosi e discriminatori sia sul piano cognitivo che su quello politico-sociale, come la disintegrazione della realtà, la manipolazione degli utenti fino alla riduzione del pluralismo ed alla creazione di ambienti informativi tossici, nei quali i cittadini si muovono e interagiscono.

Al tempo stesso, però, emergono anche nuove straordinarie possibilità di ampliamento delle conoscenze e della partecipazione, che lasciano intravedere esiti molto positivi, in termini di capacità di archiviazione ed elaborazione delle risorse cognitive e dei dati, a costi sempre più contenuti e disponibili per miliardi di persone. Si tratta, quindi, di adottare una prospettiva fondata su competenze multidisciplinari, al fine di proporre una lettura critica dei fenomeni attualmente in corso per comprenderli e fronteggiarli, che aiuti a diventare cittadini più informati, consapevoli e, soprattutto, responsabili nel contesto dell’alluvione informativa in cui viviamo immersi.

La complessità degli ambiti strutturali del vivere quotidiano coinvolti dall’AI

Un passo indispensabile per comprendere il significato sociale e individuale dell’IA è rilevare la complessità degli ambiti strutturali del vivere quotidiano coinvolti: nell’attuale società degli schermi, gli effetti si registrano a più livelli, non solo sulle forme dell’ agire e dell’interazione o sul significato della dimensione basilare di spazio e territorialità, ma anche inaugurando nuovi regimi di visibilità e di accessibilità, in grado di strutturare in modi totalmente differenti l’attribuzione di significati al reale ed i circuiti dei flussi informativi, che sono alla base delle dinamiche di opinione nei vari sistemi politici.

Emerge, dunque, come priorità non solo accademica, ma anche politica e sociale, la necessità di ridefinire con nuove declinazioni concetti quali libertà, privacy, scelta, partecipazione, diritti, autorevolezza, fiducia, comunità: in altri termini, l’ampiezza delle conseguenze possibili dell’IA coinvolge in modo evidente tutti i campi del vivere civile e democratico e, pertanto, impone una riflessione che aiuti a comprendere e gestire i risvolti negativi e massimizzare le potenzialità.

L’ascesa dei social media come principale fonte di informazione

Sul piano delle relazioni sociali, nell’ecosistema mediale ibrido contemporaneo si registra l’ascesa dei social media come principale fonte di informazione e l’affermazione di forme di interazione mediata inedite, caratterizzate da socialità disincarnata, bidirezionalità, che sono vissute in uno spazio virtuale, non fisico, in cui i singoli utenti sono producer e, soprattutto, consumer di testi e risorse simboliche (Rizzuto, 2023). Del resto, nella on life (Floridi, 2017) il digitale è diventato parte integrante dell’esperienza quotidiana di ciascuno e non può essere distinto o separato dalle altre sfere del vissuto: in aggiunta, esistono anche interazioni tra macchine o tra umani e macchine, che permettono di espletare attività molto diverse, offrendo una discutibile ed improbabile illusione di libertà e gratuità, come nel caso dei comportamenti intelligenti messi in atto dalle piattaforme per studiare abitudini, gusti, acquisti dei singoli o proporre contenuti e notizie sulla base dei like e delle visualizzazioni precedenti.

Nell’arena globale delle piattaforme, si è, quindi, pienamente compiuto il passaggio epocale dei media da semplici “supporti” a veri e propri luoghi esperienziali e relazionali: non sono soltanto tecnologie in grado di trasmettere più informazioni a distanza e ad audience sempre più ampie, ma si qualificano come immensi repertori e ambiti di produzione di risorse simboliche, usati dagli individui sia per la costruzione di immagini della realtà che per l’interazione e la definizione del sé, vale a dire come fonti di risorse identitarie, indispensabili e centrali nella dialettica democratica dei sistemi politici contemporanei.

I rischi di inquinamento del dibattito democratico

Tuttavia, dopo una prima fase di mitizzazione delle possibilità concrete di realizzare forme di democrazia diretta, emerge oggi la diffusa preoccupazione di un sostanziale ed irreversibile inquinamento del dibattito democratico, avviatosi con i social media ed esasperato dalle possibilità offerte dall’IA: a conferma di questo si segnala il successo delle forme di personalismi del potere, che supportano la figura del uomo forte e risolutore dei problemi di un paese, gli eccessi spettacolari favoriti dalla logica del business, prevalente nelle piattaforme, e l’approccio narrativo ed emotivo alla realtà politica e sociale, che trovano nelle potenzialità dell’intelligenza artificiale enormi campi di sviluppo con traiettorie ancora pericolosamente indefinite. Il rischio culturale più grave che si palesa come conseguenza del cortocircuito relazionale favorito dalla presenza pervasiva delle piattaforme e delle implementazioni dell’IA è il declino irreversibile dell’argomentazione razionale e del dialogo tra punti di vista differenti, base portante del pensiero occidentale sin dalla classicità: la spinta imposta dalla logica della monetizzazione dell’attenzione ha segnato il prevalere di una narrazione ipersemplificatoria e dicotomica, che favorisce la demonizzazione dell’altro e la continua costruzione di nemici dentro e fuori l’agorà digitale.

Social e politica

Sul piano politico, la logica dei social acuisce la crisi delle mediazioni tradizionali (partiti, giornalisti, istituzioni educative) e favorisce una sempre più marcata tendenza alla ciberbalcanizzazione: nelle piattaforme il ricorso alle possibilità tecnologiche dell’IA sviluppa nuove modalità di partecipazione tra singoli individui, drogati di comunicazione, che non sembrano più in grado di distinguere tra vero e falso, o cosa ancora più grave, considerano ormai irrilevante la verità, limitandosi ad accettare il verosimile e a preferire esclusivamente tutto ciò che è soprattutto emozionante ed attraente (Rizzuto, 2019).

IA, infosfera e crisi di fiducia nel giornalismo

In tale prospettiva, ChatGPT può essere definita una gigantesca macchina addestrata per alimentare un’industria planetaria della falsità che ha come conseguenza più minacciosa la disintegrazione definitiva della realtà ed il progressivo rafforzamento di una potente fabbrica dell’odio che alimenta il distacco dalla partecipazione attiva alla dialettica democratica. Questi processi hanno rilevanti conseguenze in numerosi ambiti, come ad esempio quello del newsmaking, vale a dire nel campo professionale deputato sin dalla prima modernità alla narrazione del reale da proporre quotidianamente agli individui come via principale di accesso al mondo e strumento indispensabile per la vita democratica.

Si assiste ad un duplice cambiamento: da un lato, la messa in discussione del significato sociale del giornalismo e del suo ruolo nella dialettica politica, dall’altro, la grave crisi della fiducia nella sua capacità di selezione dei fatti rilevanti; nell’infosfera, infatti, si stanno affermando sempre di più come fonti informative numerosi attori discutibili, poco trasparenti e senza riconosciute competenze professionali, che producono e diffondono news verosimili ma non vere, troppo spesso malevole e intenzionalmente manipolatorie, che diventano virali in milioni di interazioni on line prive del confronto con punti di vista alternativi e che favoriscono le tendenze all’omofilia e alla ricerca di coloro che condividono le medesime opinioni (Albright, 2017).

Solitudine e auto-isolamento: il paradosso dell’era digitale

In altri termini, questo è uno dei paradossi dell’ecosistema mediale contemporaneo: proprio nel momento in cui si pluralizzano gli ambiti entro i quali si possono strutturare le relazioni, aumentano esponenzialmente il senso di solitudine, l’auto-isolamento ed il vissuto dello spaesamento, che sul piano politico arrivano a concretizzarsi in un aumento dell’astensionismo e della disillusione e, perfino, in significative alterazioni delle dinamiche elettorali. Accanto alle conseguenze politiche e sociali, con l’intelligenza artificiale si stanno affermando quindi nuove logiche di produzione e fruizione delle notizie, che impongono una ridefinizione dei concetti di autorialità e audience, basilari per la professione giornalistica (Sorrentino, Splendore, 2022): si trasforma radicalmente il rapporto con la realtà, esasperando il cortocircuito comunicativo emerso nell’ultimo decennio ed emergono forme narrative inedite, caratterizzate da una sostanziale opacità tra vero e falso e dominate da algoritmi opachi, che privilegiano contenuti capaci attrarre like in un vero e proprio far west normativo (Edson, Tandoc et alii, 2018).

Si impone, quindi, una riflessione sulla qualità delle possibili influenze sui contenuti e sui formati dell’informazione connesse alla pervasività delle piattaforme nella ricerca delle news ed alla significatività dei dati nelle pratiche di newsmaking (Antenore, Splendore 2017), così come la necessità di avviare processi educativi in grado di favorire lo sviluppo di capacità critiche utili nella fruizione quotidiana dei testi mediali. In altri termini, pur aprendo nuove possibilità per l’accesso e per la diffusione alle risorse simboliche, le tecnologie dell’IA stanno aumentando esponenzialmente la presenza del mix problematico di contenuti fattuali e totalmente (o parzialmente) falsi o errati: le news verosimili costituiscono, pertanto, un serio e concreto pericolo per la credibilità del giornalismo, troppo spesso impegnato in un racconto eccessivamente drammatizzante ed iperbolico della realtà per attrarre ed emozionare più utenti.

Gli impatti dell’emotainment e dell’alluvione informativa

Accanto alla logica dell’emotainment (Santos, 2009) l’alluvione informativa, in cui i singoli sono oggi immersi, pregiudica la loro capacità di riconoscere informazioni vere nell’oceano delle notizie on line mentre le piattaforme limitano fortemente le loro possibilità di azione decidendo la logica del filtraggio delle informazioni e usandoli come involontari attori del contagio emotivo causato dalla condivisione di fake news (Bracciale, Grisolia 2020).

L’aumento di disordine informativo

Proprio l’aumento potenziale di disordine informativo può essere considerato come uno dei rischi più problematici connessi all’affermazione dell’IA, che i sistemi democratici occidentali si troveranno a fronteggiare nei prossimi anni, poiché è ormai concreta la preoccupazione sui rischi di manipolazione mediale dei singoli e di “trasformazione tossica del dibattito pubblico che rischierebbe di inquinare la democrazia” (Bentivegna, Boccia Artieri, 2021, p.97), delineando i contorni di una vera e propria “trappola informativa” nella quale i singoli diventano anche complici inintenzionali di flussi disinformativi dal ritmo incessante, capaci di attivare forme di partecipazione oscura (Wardle, Derakhshan, 2017).

La crescente opacità del confine tra vero e verosimile

La crescente opacità del confine tra vero e verosimile (Corner 2017; Riva 2018), la compenetrazione tra logiche di intrattenimento e di partecipazione (Lorusso, 2018: 23), così come la rilevanza della componente emotiva o la centralità degli elementi iconici nella rappresentazione della realtà sono alcuni “nodi” cruciali del dibattito sulle trasformazioni tipiche dell’era della post-verità (Joux, 2023): la presenza dell’IA, in un contesto già segnato dalla parcellizzazione del reale, impone di rilevarne gli ulteriori intrecci con fattori sociali e politici extra-mediali così come la portata delle conseguenze a livello individuale e collettivo, sia come risorsa straordinaria che come fonte di minacce inedite.

Nei prossimi anni, indubbiamente aumenterà l’ibridazione, vale a dire il blurring tra ambiti discorsivi, linguaggi, contenuti, già imposta dal digitale ai media tradizionali con nuove logiche di circolazione e negoziazione (Chadwick, 2013).

La crescita sbalorditiva della capacità per gli umani di archiviare ed elaborare risorse significative si potrà tradurre in separazione tra la capacità di risolvere un problema o portare a termine un compito dall’esigenza di essere intelligenti per farlo: tale scissione tra azione e intelligenza (Floridi, 2022) significherà auspicabilmente più memoria, più velocità, vale dire possibilità di fare sempre di più in modi sempre più semplici, ma obbligherà attori istituzionali e cittadini ad un uso consapevole e responsabile delle nuove tecnologie.

Conclusioni

Solo privilegiando sia a livello collettivo che individuale strategie di collaborazione e condivisione per l’attuazione di politiche a lungo termine, si potrà favorire uno sviluppo “etico” dei fenomeni planetari già in corso, per gestire al meglio i rischi potenziali di un uso improprio, individuando criteri regolatori capaci di assicurare sicurezza, trasparenza, riservatezza, cioè garantendo pienamente il diritto alla libertà e al pluralismo ai cittadini.

Bibliografia

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Antenore M., Splendore S. (eds.) (2017), Data Journalism. Guida essenziale alle notizie fatte con i numeri, Mondadori, Milano.

Bracciale R., Grisolia F. (2020), Information disorder: acceleratori tecnologici e dinamiche sociali, in «Federalismi.it», https://www.federalismi.it/nv14/articolo-documento.cfm?Artid=42112.

Chadwick A. (2013), The hybrid media system. Politics and power, Oxford University Press, Oxford-New York.

Corner J. (2017), Fake news, post-truth and media–political change, in Media, Culture & Society, 39 (7), 1100–1107.

Edson C., Tandoc Jr., Lim Z.W, Ling R. (2018), Defining Fake news, in Digital Journalism, 6(2), 137-153.

Floridi L., (2017), La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo. Editore Raffaello Cortina, Milano

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Joux, A. (ed.) (2023). Journalisme et post-vérité. Les Essentiels d’Hermès

Lorusso A. M. (2018), Postverità. Fra reality tv, social media e storytelling. Laterza, Roma-Bari.

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Santos, J. (2009), Daring to feel. Violence, the Newsmedia and their Emotions, Lexington Books, Lanham.

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Wardle, C. & Derakhshan, H., (2017). Information Disorder: Toward an interdisciplinary framework for research and policy making, Council of Europe, Strasbourg

* Francesca Rizzuto è professoressa associata nel Dipartimento Culture e Società dell’Università di Palermo, dove insegna Sociologia del giornalismo, Sociologia della comunicazione e Comunicazione pubblica. Svolge attività di ricerca sul giornalismo e sulla comunicazione istituzionale e politica. E’ stata visiting professor presso la Facultad de Ciencias de la Informacion de la Universidad Complutense di Madrid e ha svolto attività didattica presso le Università di Paris Nanterre, Granada, Valencia. Tra le sue pubblicazioni: La società dell’orrore. Terrorismo, comunicazione e spettacolo, Pisa University Press, 2018 e (conS. Vaccaro), Il giornalismo nell’era della disinformazione (a cura di), (Mimesis, Milano, 2023).

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