C’è qualcosa nell’intelligenza del medico che sfugge alla semplice codifica dell’informazione. Un sesto senso, un’intuizione che nasce da anni di esperienza e che si manifesta in momenti inaspettati: un’occhiata fugace a una radiografia e, senza apparente ragione, il sospetto di un problema linfatico. Come si traduce questa esperienza, fatta di casi, errori e conferme, in conoscenza operativa?
È un sapere che va oltre la somma dei dati, una capacità che non si insegna né si trascrive: guarda cose che chi non ha esperienza non nota.
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Intuito umano e analisi statistica
Da sempre l’analisi statistica, in particolare quella bayesiana, prova a formalizzare di questa intuizione. In fondo, Bayes cerca le cause: dati gli esiti, risale alle probabilità delle condizioni iniziali. Il singolo caso, però, sfugge alla statistica. Il clinico fa le associazioni con i singoli casi che la sua esperienza tiene vivi nella memoria, ma nell’approccio statistico sono rari e si perdono.
Allora dove può arrivare la modellistica matematica? La scienza ci ha abituati a descrivere fenomeni attraverso relazioni causa-effetto e leggi deterministiche: se conosco gli input e le leggi fisiche/chimiche/biologiche, posso prevedere gli output.
Il gemello digitale in medicina
Da qui nasce uno dei concetti fondamentali dell’intelligenza artificiale in medicina: il gemello digitale o Digital Twin. L’idea è semplice e potente: se imparo come reagisce un organismo, posso costruirne una replica virtuale, metterla in condizioni diverse e testare gli scenari. Molta ricerca degli ultimi anni si è concentrata su questo, negli ambiti che possono impattare maggiormente sulla popolazione, ad esempio in cardiologia. Ma non basta descrivere un cuore generico: serve quel cuore, con la sua morfologia, la sua struttura, le sue interazioni con gli altri organi. E allora i gemelli diventano tanti, specifici, costruiti su misura, dipendenti da (troppi?) parametri.
Da sempre esiste la scienza di costruire gemelli fisici – modellini come le barche da testare in vasca nautica o ponti da inserire nella galleria del vento, e negli ultimi anni nuova linfa è venuta dalla stampa 3D che consente ricostruzioni 3D rapide.
E da molti anni esistono anche gemelli digitali – simulazioni complesse, test virtuali- in ambiti dove la fisica è chiara e prevedibile come nel caso dei crash test per i modelli nuovi di auto o tentativi di predizioni come quelli per le previsioni metereologiche. La loro accuratezza dipende dalla qualità del modello, dal tempo computazionale che mettiamo a disposizione, e dei dati conosciuti/rilevati.
D’altra parte, il corpo umano non è composto da sistemi fisici isolati ben descritti: l’analisi multifattoriale, le differenze statisticamente significative, la regressione e la classificazione cercano di adattarsi al sistema complesso, ma spesso senza coglierne la piena variabilità individuale.
Studiare, interpretare, generalizzare nell’era della medicina digitale
Ma chi scrive le leggi su cui si basano i modelli? Siamo certi che valgano per tutti? Una legge, per essere tale, dovrebbe essere valida in ogni contesto – ma in medicina, questo è davvero difficile da ottenere. Le “leggi” spesso derivano da osservazioni in ambienti controllati, magari su popolazioni selezionate troppo omogenee. Eppure, una scoperta fatta sui topi può essere estesa all’uomo! Ma come si fa a stabilire se una terapia testata su bambini bianchi ben nutriti ha la stessa efficacia su popolazioni con caratteristiche differenti? E i parametri dei modelli – spesso ottenuti in condizioni artificiali – riescono a descrivere quello che avviene realmente?
La collaborazione tra matematici, clinici, biologi e informatici ha già prodotto risultati incredibili nello studio dei meccanismi che generano le condizioni patologiche. La ricerca in ambito medico è sempre stata piena di questi risultati, guai ritenere il laboratorio “fisico” non più utile!
Costruire buoni modelli: primo passo, raccogliere le informazioni
Quando i meccanismi di base non sono chiari, ma le relazioni sono evidenti dalle esperienze fatte, buoni modelli possono essere costruiti anche direttamente dall’esperienza, quindi dai dati. Ma acquisire nuove esperienze, o i dati, spesso, richiede tempo, o indagini costose e/o invasive. Tuttavia, sono risorse preziose i casi documentati, individui per i quali si conosce già il risultato ottenuto. La sfida è memorizzare/digitalizzare l’esperienza codificandola in dati e renderli utilizzabili ai fini predittivi: in primis per trovare associazioni tra i casi o casi tra loro vicini poi per estrapolare o interpolare le informazioni.
Posso usare l’esperienza di altri per scegliere? Sì, ed è ciò che si fa per scrivere, ad esempio, le linee guida, gli score clinici, le raccomandazioni per le malattie rare. I casi raccolti, le esperienze, hanno da sempre rappresentato la base per la costruzione di strategie di intervento condivise. Con una esperienza codificata si possono cercare casi simili e avere da questi casi già visti indicazioni operative.
E allora diventa necessaria una raccolta di casi sufficiente per creare questa conoscenza. Un approccio generalista consiste nella raccolta sistematica dei dati: progetti come il Registro Pediatrico Nazionale o “All of Us” americano cercano di costruire banche dati ampie e diversificate, alla ricerca di screening quanto più possibili universali.
Secondo passo: usare le informazioni
Le raccolte dati devono diventare utilizzabili, trasportabili e predittive. Digitalizzare la sanità significa anche questo: standardizzare la raccolta, rendere la informazione adatta ad essere elaborata. Ma anche renderla trasmissibile in contesti ed ambiti diversi: ad esempio per la cura e il monitoraggio a distanza, o anche per farli utilizzare da altri specialisti nei casi complessi con co-presenza di patologie, o in caso di trasferimento del paziente.
La telemedicina, il monitoraggio remoto e gli archivi interoperabili sono strumenti fondamentali per questo progresso. Per creare database adatti a queste analisi serve una rete: università, ospedali, ambulatori, medici e pediatri di famiglia devono avere gli stessi strumenti di raccolta dati e poter popolare l’archivio. Poi questi archivi devono essere interpretati.
Esempi di successi ottenuti
Ci sono molti esempi di successi ottenuti. Rimanendo in ambito cardiologico, i ricercatori del Progetto Moli-sani hanno messo a punto un algoritmo validato, efficace e replicabile, il Moli-sani Risk Score (MRS), in grado di misurare l’impatto combinato di nove fattori di rischio cardiovascolari modificabili sugli eventi cardiovascolari fatali o non (PMID: 37527754 DOI: 10.1016/j.ijcard.2023.131228): un caso di successo nato da una raccolta dati capillare e duratura.
Personalmente, io ho contribuito in un ambito universitario a sviluppare “The Naples pediatric food allergy score” e ho lavorato allo studio dei fattori di rischio in celiachia . Anche in questi casi, il primo passo è stato raccogliere bene i dati, poi si è passati a studiarli insieme.
Uso dell’analisi predittiva
Il secondo concetto fondamentale dell’intelligenza artificiale entra qui: l’analisi predittiva. Tecniche come regressione, classificazione, analisi delle componenti principali permettono di capire quali variabili contano, quali dati raccogliere e monitorare, e prima ho elencato qualche risultato in questa direzione. Ma quale strumento usare per utilizzare questo dato? Dipende dal dato, serve collaborare clinici e matematici per capire insieme cosa può risultare utile. Il crescente interesse per l’analisi dei dati è indubbiamente legato alla presenza di strumenti che possono lavorare con grandi quantità di informazioni, e quindi cercare relazioni molto più difficili da vedere senza l’ausilio dell’elaborazione automatizzata.
Se ho Big Data – immagini di macchie della pelle, sequenze genomiche, video di operazioni chirurgiche in tempo reale – posso usare strumenti informatici, spesso “chiusi”, che imparano relazioni in modo autonomo. Sono gli stessi principi usati nei sistemi di controllo (come nei radar o nei missili), nel riconoscimento immagini, ma anche nella generazione dei testi automatica delle chat di ChatGPT. In questi casi spesso manca la trasparenza: sappiamo cosa funziona, ma non esattamente perché. E ciò rende difficile risalire alle cause o pensare a strategie preventive. Ma, ad esempio, sono strumenti preziosi in robotica e quindi nella chirurgia assistita dalle macchine, o nel riconoscimento di immagini di macchie della pelle etichettate come pericolose o, al contrario, comuni (melanoma o basalioma?).
Quando la matematica è utile alla pratica clinica
In un’epoca in cui la medicina è sempre più guidata dai dati, la matematica applicata non è più solo uno strumento descrittivo, ma un alleato strategico per il clinico. L’intelligenza del medico – fatta di esperienza, intuito, studio, casi già visti – può oggi dialogare con modelli capaci di elaborare enormi quantità di informazioni, restituendo indicazioni puntuali e concrete. È in questo scambio tra sapere tacito ed evidenza numerica che si gioca il futuro della medicina.
I dati raccolti nella pratica quotidiana – dallo screening negli ambulatori, dai registri dei pediatri di base, dai monitoraggi digitali – sono una risorsa straordinaria. Spesso sottoutilizzati, questi dati possono essere analizzati con strumenti matematici capaci di identificare pattern nascosti, segnali precoci, correlazioni clinicamente rilevanti. E, soprattutto, di fornire risposte semplici a domande complesse. Tutto questo coordinando l’analisi dei dati e la modellistica a disposizione, in una ottica di integrazione che va sotto il nome di physically based modeling.
La forza dell’approccio integrato non sta solo nella sua precisione, ma nella sua utilità: è in grado di generare informazioni utilizzabili, indicazioni operative che il medico può applicare al singolo paziente o che lo stesso paziente può comprendere e seguire. Non si tratta di sostituire il giudizio clinico, ma di potenziarlo, offrendo una base solida su cui costruire decisioni più rapide, personalizzate, efficaci.
In definitiva, la medicina di domani non sarà né solo arte né solo algoritmo, ma una convergenza intelligente tra esperienza umana, scienza e capacità predittiva. E in questa alleanza, la matematica applicata può essere la lingua comune che permette di vedere meglio, prima, e con maggiore consapevolezza.