LA GUIDA

Videosorveglianza in azienda, come chiedere l’autorizzazione all’Ispettorato del lavoro



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L’installazione di sistemi di videosorveglianza in azienda è ammessa esclusivamente a seguito di accordo con le rappresentanze sindacali o, in caso di loro assenza o di mancato accordo, dopo l’ottenimento dell’autorizzazione da parte dell’Ispettorato del lavoro. Analizziamo come effettuare correttamente la richiesta

Aggiornato il 10 lug 2025

Lorenzo Giannini

Consulente legale privacy e DPO



telecamere privacy

L’installazione di sistemi di videosorveglianza a lavoro in azienda obbliga il datore di lavoro a svolgere una attenta valutazione circa gli obblighi relativi a due distinte aree normative: quella in materia di protezione dei dati personali[1] e quella giuslavoristica.

Vediamo, dal punto di vista pratico, come deve procedere l’azienda per la presentazione della richiesta di autorizzazione all’Ispettorato del Lavoro, nel caso in cui non siano presenti le rappresentanze sindacali o, seppur presenti, il raggiungimento dell’accordo abbia avuto esito negativo.

Videosorveglianza in azienda, perché serve l’autorizzazione

Fermo restando il divieto assoluto di controllo intenzionale a distanza dei lavoratori, l’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970) prevede innanzitutto che l’installazione di impianti audiovisivi e di altri strumenti dai quali derivi la possibilità di un controllo a distanza dei lavoratori, avvenga esclusivamente per tre scopi:

  • Esigenze organizzative e produttive;
  • Esigenze connesse alla sicurezza del lavoro;
  • Esigenze inerenti alla tutela del patrimonio aziendale.

Inoltre, l’installazione di detti sistemi deve necessariamente e prioritariamente essere preceduta da un“accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali […]” o, in alternativa nel caso di mancanza di accordo – tanto nell’eventualità in cui risultino assenti RSU o RSA, quanto perché, pur data la loro presenza, l’accordo non venga raggiunto – l’ottenimento dell’“autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più sedi territoriali, della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro”.

L’accordo con le rappresentanze aziendali, pertanto, rappresenta il percorso principale previsto dal legislatore e l’autorizzazione amministrativa dell’Ispettorato risulta solo eventuale e successiva al mancato raggiungimento dell’accordo con i sindacati, essendo condizionata – in base al contesto – alla dimostrazione circa l’assenza di RSA/RSU o della documentazione che comprovi il mancato accordo.

Videosorveglianza in azienda, come fare domanda

Pertanto, in primo luogo, se si intende prevedere l’installazione di un sistema di videosorveglianza in azienda con ripresa delle attività dei propri dipendenti, si troverà di fronte alla necessità di ottenere una preventiva autorizzazione, sia essa di carattere negoziale (l’accordo sindacale) o amministrativo (l’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro).

In ogni caso, posto come il bene giuridico tutelato ha, in questo caso, natura collettiva e non individuale, la mancanza dell’accordo o dell’autorizzazione non può essere ovviata dall’eventuale consenso del lavoratore, restando in quest’ultimo caso l’installazione illegittima e penalmente sanzionata. La tutela penale è apprestata, infatti, per la salvaguardia di interessi collettivi di cui le rappresentanze sindacali o la sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro sono portatori, in luogo dei singoli lavoratori (Cfr. circolare n. 2572 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 14 aprile 2023).

Quale modulo scaricare

Il modulo di istanza viene messo a disposizione dallo stesso Ispettorato nazionale del lavoro sul proprio sito ed è raggiungibile al seguente link: Modulistica (ispettorato.gov.it).

Una volta aperta la pagina, con riferimento alla videosorveglianza, occorrerà scaricare e compilare il primo tra i moduli dell’elenco, ovvero quello denominato “INL 1 – Modulo istanza di autorizzazione all’installazione di impianti audiovisivi” (vedi immagine 1).

Immagine 1

Come compilare il modulo

Nella prima parte, il modulo risulta intuitivo e chiede tanto l’inserimento dei dati inerenti alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro alla quale l’istanza verrà trasmessa (sul sito stesso è possibile trovare la sede più vicina: Uffici Territoriali (ispettorato.gov.it)), quanto i dati relativi al legale rappresentante dell’azienda, nonché informazioni relative a quest’ultima.

Successivamente, nella “premessa” del modello, occorrerà indicare nell’ordine:

  • L’eventuale ricezione o meno di una visita ispettiva con prescrizione per violazione dell’art. 4 Legge 300/1970 (in caso affermativo, occorrerà anche indicare numero e data del verbale);
  • Il motivo per cui si intende installare il sistema di videosorveglianza che dovrà necessariamente ascriversi a esigenze organizzative e produttive, di sicurezza del lavoro o relative alla tutela del patrimonio aziendale;
  • Il numero di lavoratori presenti in azienda (nelle “istruzioni” riportate alla fine del modulo, viene chiaramente riportato come la richiesta vada presentata solo nell’eventualità in cui siano presenti dei lavoratori);
  • L’assenza di rappresentanze sindacali in azienda o il mancato raggiungimento dell’accordo. Occorre infatti sottolineare – come già più sopra accennato – che l’istanza all’ispettorato rappresenta un’alternativa al mancato raggiungimento dell’accordo o all’assenza delle rappresentanze sindacali.

In altre parole, laddove queste ultime siano presenti, occorrerà per prima cosa esperire la via dell’accordo e solo in “subordine” presentare la richiesta all’Ispettorato. Discorso diverso, invece, per i contesti in cui le rappresentanze non siano proprio presenti: in tal caso, si potrà procedere subito all’istanza.

Impianto nuovo o già esistente ma che va integrato: cosa indicare

In seguito, nella parte centrale del documento, viene espressa la richiesta che potrà alternativamente riguardare la prima installazione dell’impianto o l’integrazione o modifica di quello già in esercizio. Nel primo caso viene richiesta l’indicazione della sede aziendale o dell’unità operativa in cui avrà luogo l’installazione; nel secondo, gli estremi del provvedimento con cui è stato autorizzato l’impianto del quale si richiede l’integrazione o modifica.

È infatti prevista la possibilità, per l’azienda già in possesso di un provvedimento autorizzativo e che abbia intenzione di installare il medesimo sistema in una diversa unità produttiva oppure che intenda ampliare l’impianto esistente, di presentare istanza di integrazione, ferma restando la necessità che l’impianto da autorizzare presenti gli stessi presupposti legittimanti e le medesime modalità di funzionamento del sistema precedentemente autorizzato.

Le condizioni da rispettare

Scorrendo il documento, nella successiva parte delle dichiarazioni, il richiedente si impegna a rispettare diverse condizioni, ossia:

  • Che la ripresa abbia ad oggetto luoghi di lavoro connessi alla/e esigenza/e dichiarate nella prima parte del modulo;
  • Che siano esclusi dall’ambito delle riprese del sistema luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori, come toilette o spogliatoi;
  • Che, laddove possibile, il sistema non riprenda in maniera continuativa le postazioni di lavoro;
  • Che le immagini non siano oggetti di diffusione esterna, ad eccezione della consegna all’Autorità giudiziaria;
  • Che venga data apposita comunicazione ai lavoratori circa le modalità d’uso degli strumenti e l’effettuazione dei controlli secondo gli obblighi informativi di cui alla normativa privacy;
  • Che venga rispettato tutto quanto previsto all’interno del Regolamento UE 670/2016 in tema di protezione dei dati personali.

Oltre a ciò, la parte finale dedicata agli allegati richiede che al modello venga acclusa una relazione, sottoscritta dal legale rappresentante, il cui contenuto viene dettagliato nel modello stesso.

Nello specifico, la relazione dovrà contenere principalmente due aspetti:

  1. La specificazione delle esigenze alla base dell’istanza riportate nella prima parte, ossia una descrizione nel dettaglio di quali siano in concreto i motivi di carattere organizzativo e produttivo, connessi alla sicurezza del lavoro o alla tutela del patrimonio aziendale, che hanno dato adito alla richiesta e, prima ancora, alla volontà dell’azienda di ricorrere all’installazione di un sistema di videosorveglianza. In questa prospettiva, nell’ultima pagina del modello vengono riportati alcuni esempi, non esaustivi, per ciascuna delle tre categorie. Appare peraltro utile ricordare come, sotto il profilo privacy, l’Autorità Garante non abbia mancato di sottolineare[2] come ogni valutazione circa l’installazione del sistema di videosorveglianza non possa prescindere dal necessario rispetto dei principi di liceità, necessità e proporzionalità, nonché di quello di responsabilizzazione.
  2. La descrizione delle modalità di funzionamento del sistema, nonché quelle di conservazione e gestione dei dati raccolti. In questa parte, vengono infatti richieste le caratteristiche tecniche delle componenti interne ed esterne; le modalità di funzionamento del dispositivo di registrazione; il numero di monitor di visualizzazione e il loro posizionamento; la fascia oraria di attivazione dell’impianto; i tempi di conservazione delle immagini ed eventuali motivazioni di dilatazione dei tempi oltre le 24/48 ore[4]; specifiche e modalità di funzionamento del sistema di videosorveglianza. Alla luce del suo contenuto, questa sezione della relazione appare più “tecnica”: potrebbe pertanto risultare utile un confronto con la società o il tecnico installatore dell’impianto, soprattutto al fine di allegare le schede tecniche dei prodotti (come suggerito nella pagina conclusiva del modulo, al penultimo capoverso).

L’inserimento della planimetria, per quanto non rappresenti in sé un errore, è stato ritenuto non fondamentale come si legge nella Circolare n. 5/2018 dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che ha chiarito come un “provvedimento autorizzativo basato sulle esibizione di una documentazione che “fotografa” lo stato dei luoghi in un determinato momento storico rischierebbe di perdere efficacia nel momento stesso in cui tale “stato” venga modificato per varie esigenze, con la conseguente necessità di un aggiornamento periodico dello specifico provvedimento autorizzativo, pur in presenza delle medesime ragioni legittimanti l’installazione degli strumenti di controllo”.

Come presentare l’istanza di autorizzazione per la videosorveglianza in azienda

Compilato il modello in tutte le sue parti – compresa quella finale che richiede l’inserimento del nominativo della persona alla quale eventualmente potranno richiedersi chiarimenti – non rimane che procedere al suo invio per il rilascio dell’autorizzazione, che dovrà avvenire unitamente a due marche da bollo da 16 euro: una per l’istanza e una per il rilascio del provvedimento autorizzativo. La richiesta potrà essere presentata in due modalità:

  • Tramite consegna a mano all’ufficio della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro;
  • Inviata con modalità telematica. In questo caso per la trasmissione delle marche da bollo occorrerà trasmettere il modello “INL 1.4 – Dichiarazione sostitutiva per marca da bollo”, sempre scaricabile dal sito, come nell’immagine 2 sotto riportata.

Immagine 2

All’interno del modello, sono previsti due appositi spazi dove apporre le marche da bollo, per poi procedere alla scansione dello stesso e al successivo invio (vedi immagine 3).

Immagine 3

Circostanze specifiche per l’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori

Vi sono poi circostanze che si possono verificare in riferimento all’installazione e all’utilizzo degli impianti audiovisivi, che sono state anche richiamate nella circolare n. 2572 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro del 14 aprile 2023.

  1. Nel caso di una nuova azienda che, al momento della presentazione dell’istanza, non ha ancora in forza alcun lavoratore, ma che prevede di avvalersene non appena prenderà avvio l’attività, è possibile presentare l’istanza – che deve sempre precedere l’installazione dell’impianto – indicando il numero di lavoratori che risulteranno in forza al momento di avvio delle attività;
  2. Nel caso di un’azienda già in esercizio, con impianto già installato e funzionante, ma che non ha in forza lavoratori e deve procedere alle assunzioni di personale, l’istanza potrà essere presentata in un momento successivo ma dovrà essere contestualmente prodotta un’attestazione che lo stesso impianto sarà disattivato non appena il personale sarà adibito al lavoro e verrà rimesso nuovamente in funzione solo dopo l’eventuale rilascio del provvedimento autorizzativo da parte dell’Ispettorato del lavoro.
  3. Nel caso di specifiche disposizioni normative che favoriscono o impongono il ricorso a sistemi di videosorveglianza, l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori trova comunque applicazione in presenza di lavoratori. È il caso, ad esempio, dell’art. 5-septies (Sistemi di videosorveglianza a tutela dei minori e degli anziani) della legge n. 55 del 14 giugno 2019, di conversione del c.d. decreto “sblocca cantieri”, con cui sono stati istituiti fondi per l’erogazione delle risorse finanziarie occorrenti per l’installazione di sistemi di videosorveglianza presso strutture scolastiche, socio sanitarie o socio assistenziali per anziani e persone disabili, nonché per l’acquisto delle apparecchiature finalizzate alla conservazione delle immagini. Tale articolo non può costituire, di per sé, motivo legittimante l’installazione del sistema di videosorveglianza sotto il profilo giuslavoristico, né essere considerato idonea base giuridica per i trattamenti di dati personali che ne derivano. Restano pertanto pienamente applicabili anche in tale fattispecie le garanzie previste dall’art. 4 della legge 300/1970, siano esse basate sulla procedura concertativa o autorizzatoria.
  4. Nel caso di realtà associative che si avvalgono di volontari di cui al d.lgs. n. 117/2017 (rimandando, per la definizione di “volontario”, al disposto dell’art. 17, comma 2, del decreto), occorre sottolineare come l’incompatibilità della qualità di volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato, autonomo, o altro rapporto di lavoro retribuito, comporta l’impossibilità di applicare le tutele accordate dall’art. 4 dello Statuto dei lavoratori. Diverso è invece il caso di un contesto “ibrido”, dove vi sia la presenza di entrambe le tipologie, volontari e lavoratori subordinati, che comporta per l’imprenditore la necessità di attivarsi con le procedure ex art. 4 dello Statuto in ragione delle attività del personale dipendente presente.

Sanzioni e aspetti privacy

In conclusione, due aspetti fondamentali devono essere presi in considerazione. Il primo viene esplicitamente riportato nello stesso modulo “INL1” di istanza, che al capoverso conclusivo sottolinea come “anche la sola installazione e/o la messa in esercizio di impianti audiovisivi e di altri strumenti di controllo prima della prescritta autorizzazione darà luogo all’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 38, comma 1, Legge 300/70”. Ciò significa che prima dell’ottenimento del provvedimento autorizzativo (o del raggiungimento dell’accordo sindacale, laddove dette rappresentanze siano presenti), non solo l’impianto non potrà essere messo in esercizio, ma non si potrà neppure procedere alla sua installazione fisica pur mantenendo le telecamere spente. Attenzione anche alla corretta installazione di soluzioni per il rilevamento di presenze in azienda come i badge.

In secondo luogo, oltre a quanto già osservato per la parte giuslavoristica, anche sotto il profilo privacy, è più che mai utile ricordare come l’installazione di un sistema di videosorveglianza aziendale non possa basarsi sul consenso degli stessi lavoratori. Ciò in quanto – come già sottolineato in altra sede[3] – una delle caratteristiche del consenso di cui all’art. 7 GDPR, nonché alle Linee guida sul consenso 5/2020 dell’EDPB (cfr. par. 3.1, punto 13) è quella di dover costituire manifestazione di una libera volontà dell’interessato[4]. Appare di tutta evidenza come, alla luce dello squilibrio tra le parti contrattuali del rapporto lavorativo (datore/titolare del trattamento dei dati da un lato, lavoratore/interessato al trattamento dall’altro), il consenso eventualmente prestato dal lavoratore non potrebbe ritenersi valido.

___

Note

  1. Sotto questo profilo, oltre al Regolamento UE 679/2016 (GDPR) e al Codice privacy (D. Lgs. 196/2003, così come modificato dal D. Lgs. 101/2018), risultano centrali le FAQ dell’Autorità Garante privacy sulla videosorveglianza (FAQ – Videosorveglianza – Garante Privacy).
  2. Cfr. par. 2 “Provvedimento in materia di videosorveglianza” [doc. web 1712680] dell’8 aprile 2010, nonché FAQ sulla videosorveglianza n. 2 del Garante privacy.
  3. Il modello – come confermato da una lettura della nota 6 ivi riportata – fa riferimento alle tempistiche stabilite dal Garante privacy nel par. 3.4 del richiamato provvedimento dell’8 aprile 2010. Tuttavia, occorre dar conto di come nelle più recenti FAQ sulla videosorveglianza, venga piuttosto richiamato il principio secondo cui “quanto più prolungato è il periodo di conservazione previsto (soprattutto se superiore a 72 ore), tanto più argomentata deve essere l’analisi riferita alla legittimità dello scopo e alla necessità della conservazione” (cfr. FAQ n. 5).
  4. Lo stesso Considerando 42 GDPR evidenzia come “il consenso non dovrebbe essere considerato liberamente prestato se l’interessato non è in grado di operare una scelta autenticamente libera o è nell’impossibilità di rifiutare o revocare il consenso senza subire pregiudizio”.

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