Il Rapporto 2023 della Corte dei conti esamina la situazione della finanza pubblica italiana e le prospettive future. Diviso in quattro sezioni, il documento fornisce un’analisi dettagliata dell’andamento economico e fiscale del paese, focalizzandosi sull’impatto macroeconomico del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e gli effetti delle recenti politiche energetiche.
Il rapporto esplora le caratteristiche strutturali di importanti voci fiscali come l’IRPEF e l’IVA, valuta le spese pubbliche, focalizzandosi in particolare su previdenza, assistenza e sanità. La quarta sezione del documento è dedicata all’analisi degli investimenti pubblici, con particolare attenzione alla progressione del PNRR e agli investimenti infrastrutturali degli enti locali, inclusi i comuni e il settore sanitario. Quest’ultimo tema era stato già trattato nel rapporto semestrale presentato al Parlamento a marzo, in quella relazione la Corte dei conti aveva messo in evidenza, tra l’altro, i rischi legati alla ristrutturazione degli organigrammi, sottolineando la necessità di attuare il decreto di revisione della governance del PNRR in modo coerente con gli attuali modelli organizzativi. Questo al fine di prevenire lentezze e complicazioni che potrebbero causare ritardi nell’azione amministrativa proprio nel momento cruciale dell’attuazione di investimenti e riforme.
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La sintesi dello stato dell’arte indicato nel rapporto
Nel corso degli ultimi due anni, l’economia italiana ha mostrato una notevole resilienza di fronte a una serie di shock a livello nazionale e globale. Questa forza rappresenta una base solida per la ripresa economica, alimentando la fiducia nell’affrontare la sfida di stimolare la crescita e diminuire il peso del debito pubblico nel contesto della nuova governance economica dell’Unione Europea. Il contesto internazionale rimane comunque complicato, con tensioni geopolitiche derivanti dall’aggressione russa in Ucraina, pressioni inflazionistiche persistenti, aumenti dei tassi di interesse e potenziali rischi di instabilità finanziaria globale. Nonostante alcuni segnali di miglioramento si prevede un rallentamento del commercio mondiale e dell’attività economica in molti paesi.
Nel 2022, le tensioni legate ai prezzi dell’energia derivanti dal conflitto bellico, unitamente alle pressioni inflazionistiche, hanno contrassegnato la finanza pubblica italiana, richiedendo interventi statali per sostenere famiglie e imprese nonostante la fine dell’emergenza sanitaria. Nonostante questo, l’anno si è concluso con un livello di indebitamento all’8% del PIL, inferiore di un punto percentuale rispetto al 2021 (9%).
Il deficit è risultato pari a 151,9 miliardi di euro, in miglioramento di 9,3 miliardi rispetto all’anno precedente, grazie alla diminuzione del deficit primario. Questo progresso è stato in parte bilanciato da un aumento delle spese per interessi passivi, principalmente dovuto ai titoli indicizzati all’inflazione. Questa categoria di spese ha superato gli 83,2 miliardi di euro entro la fine dell’anno, rappresentando il 4,4% del PIL, un valore più alto rispetto a quello registrato nel periodo 2015-2021 (era 3,6% nel 2021).
Il focus sul PNRR
Il Rapporto esamina gli effetti macro e microeconomici di alcune politiche pubbliche, concentrando particolare attenzione sull’impatto del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Questo esame si è reso necessario a seguito di varie revisioni ufficiali e valutazioni diverse effettuate nel corso dell’ultimo biennio. Nel Documento di Economia e Finanza (DEF) 2023, il Governo ha ridotto le stime dell’effetto del PNRR. La crescita stimata dal Piano per il periodo 2021-2026 è stata ridotta di 3,5 punti percentuali rispetto alle stime iniziali (da 12,7 a 9,2 punti) e di 1,5 punti rispetto al precedente DEF. L’impatto previsto per il 2022 è sceso progressivamente, passando dall’1,2% originale allo 0,9% e infine allo 0,2%. Nonostante si preveda un recupero nel prossimo quadriennio, esso non sarà sufficiente a ripristinare il tasso di crescita inizialmente previsto, anche se lo scostamento positivo dallo scenario di base è atteso essere del 3,4% nel 2026. Questa revisione riflette il ritardo nell’attuazione del Piano, che ha portato a un impegno di risorse inferiore a quanto inizialmente annunciato. In ogni caso nel rapporto si sottolinea che un aspetto spesso trascurato nel dibattito pubblico è che, nonostante la revisione al ribasso dell’impatto previsto del PNRR sul PIL, gli effetti attribuiti al Piano in termini di ritmo di crescita del PIL rimangono significativi. Infatti, nel quadriennio 2023-26, il PNRR è previsto contribuire a due terzi del tasso di crescita annuo medio del PIL, come previsto nel Documento di Economia e Finanza (DEF), ovvero l’1,2% rispetto allo 0,4% che si prevederebbe in assenza del Piano.
Infine, si sottolinea che l’effettiva e rapida implementazione delle riforme e degli investimenti del PNRR diventa sempre più cruciale. Queste misure possono infatti fornire l’impulso economico necessario per mantenere l’Italia su un percorso di stabilità e crescita. Alla fine del 2022, dopo varie revisioni del programma finanziario e una parziale riprogrammazione temporale delle risorse, la spesa totale ammontava a circa 24,5 miliardi, secondo i dati ReGiS. Considerando i progressi nei primi mesi del 2023, la spesa totale è salita di ulteriori 1,2 miliardi, raggiungendo i 25,7 miliardi, grazie alla forte domanda nelle misure dell’Ecobonus-Sismabonus (8,7 miliardi) e dei crediti d’imposta Transizione 4.0 (6,4 miliardi). Rispetto al budget totale del PNRR (191,5 miliardi), l’ammontare speso all’inizio del 2023 rappresenta un progresso complessivo del 13,4%.
Significative sono però le differenze tra le diverse missioni e componenti. Le prime tre missioni – digitalizzazione, transizione energetica e infrastrutture – che sono caratterizzate da maggiori fondi finanziari, mostrano progressi più considerevoli, tutti superiori al 16%. Al contrario, le missioni 4 e 5 (relative all’istruzione e all’inclusione) mostrano progressi vicini al 5%, mentre la missione 6, legata alla salute, non raggiunge l’1%. Escludendo le misure strutturate come crediti d’imposta, che funzionano in base alla domanda dei beneficiari privati senza richiedere particolari adempimenti da parte delle amministrazioni responsabili, la spesa sostenuta all’inizio del 2023 è di 10,5 miliardi, con un tasso di attuazione finanziaria del 6,4%.
Conclusioni
Il Decreto sulla governance del PNRR, attualmente in esame dal Parlamento, potrebbe non essere sufficiente per evitare di non rispettare il programma delle attività, questo comprometterebbe i progetti a lungo termine e le previsioni di crescita fino al 2026. Il ministro Fitto si è incontrato con il commissario per gli affari economici Paolo Gentiloni a Bruxelles per discutere di due questioni interconnesse. Una riguarda lo spostamento di alcuni progetti dal PNRR alla Programmazione europea a causa dell’inflazione e dell’aumento dei costi delle materie prime. L’altra questione riguarda lo sblocco della terza tranche di finanziamenti, che al momento non è garantita, in quanto l’UE sta ancora valutando se l’Italia ha raggiunto i 55 obiettivi del secondo semestre 2022.
Secondo quanto indicato dalla Corte dei conti il PNRR potrebbe essere riorganizzato ma senza un rinvio della sua conclusione. Per la rimodulazione degli interventi dal report della Corte dei conti emerge la maggiore efficacia delle spese legate alle missioni principali (digitalizzazione, transizione verde, infrastrutture). Buona parte della spesa ad oggi è stata attivata dalla domanda privata, con un ruolo sostanzialmente passivo delle autorità. Questo metodo, presenta indubbiamente potenziali criticità ma si è dimostrato sufficientemente efficiente.
Al momento i suggerimenti della Corte dei conti hanno generato un irrigidimento da parte del Governo che sta pensando a misure che possano in qualche modo contenere il potere di controllo da parte dei Giudici.
Il nostro auspicio è che si trovino le corrette modalità per garantire la migliore esecuzione del piano, in grado di farci raggiungere gli obiettivi prefissati e generare le esternalità positive per sostenere la crescita e la trasformazione in senso digitale del nostro paese.